Cristo era ricco

Qui spiego che la ricchezza di Cristo consta di amore e gloria. Il lieto annuncio è che tale ricchezza è anche nostra. Ogni persona può partecipare dell’amore e della gloria di Dio secondo “la misura della statura della pienezza di Cristo” (Ef 4, 13b).

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October 25, 2021

Introduzione

L’articolo analizza la ricchezza di Cristo. Oggià, è un dato di fatto scritturale: il Signore Gesù Cristo era ricco. San Paolo lo afferma nella Seconda Lettera ai Corinzi con queste parole:  

“Conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8, 9).

La ricchezza di Cristo è il nostro punto di partenza, il nostro primo fatto. Il punto di arrivo di questo testo, invece, non è dato. Eh, sì, il punto di arrivo sarà raggiunto nella misura in cui voi, che mi leggete, gusterete nel vostro intimo un altro fatto: i beni di Cristo sono vostri; o meglio: sono nostri. Ecco, questo è il nostro secondo fatto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo certifica così:  

“Tutta la ricchezza di Cristo «è destinata ad ogni individuo e costituisce il bene di ciascuno»” (CCC 519).

La falsa ricchezza

Il Signore Gesù Cristo era ricco, bene. Anzi, benissimo. Ma come possiamo concepire tale ricchezza? Dopo tutto, Gesù è sempre stato raffigurato come alquanto povero; per di più, ha pure predicato la povertà:

“Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!” (Mc 10, 23b).

Per comprendere meglio la natura della ricchezza di Cristo vediamo di definire dapprima ciò che essa non è. Cristo insegna a non accumulare tesori sulla terra (Mt 6, 19) e ci avverte: “Non potete servire Dio e il denaro” (Mt 6, 24).

Qualsiasi cosa sia la ricchezza che Cristo ha lasciato per farsi povero a nostro favore, beh, questa ha ben poco a che fare con risorse finanziarie, beni di lusso e potere mondano.

Beni e marche di lusso

Oggetti di valore, beni immobiliari, soldi e – più in generale – ogni bene orientato al profitto e al potere sono ricchezze terrene. Non hanno nulla a che vedere coi beni accumulabili dalle persone credenti.

Gesù, però, era anche Dio. Uhm, voglio dirlo meglio: Gesù è Dio. Pertanto, può ben darsi che la sua ricchezza fosse e sia divina. Esatto, hai ragione. Hai capito tutto! Va bene, va bene. Ti cito, dai. Promesso. Ecco, riporto le tue parole:  

I beni di Cristo, gli averi di un povero carpentiere che ha insegnato a non correre dietro al potere del denaro, sono spirituali.

Grande, fratello, mi hai convinta! La ricchezza di Cristo potrebbe essere un tesoro nel cielo. In particolare, potrebbe essere quello stesso tesoro che ci è stato chiesto di accumulare per noi (Mt 6, 20). Ma allora siamo daccapo alla domada di partenza:

In che cosa consiste esattamente questo tesoro nei cieli?

La vera ricchezza

Questa sezione cerca di rispondere alla domanda sulla natura del nostro tesoro nei cieli considerando ciò che sappiamo della natura di Dio. La Scrittura dice che “Dio è amore” (1Gv 4, 8b) e “abita una luce inaccessibile” (1Tim 6, 16a). La ricchezza di Cristo, dunque, potrebbe essere composta dall’amore di Dio e dalla gloria luminosissima delle sue dimore. Ottimo. Benissimo. Questa è l’ipotesi di lavoro:

L’amore e la gloria di Dio sono la nostra vera ricchezza. In effetti, quando Gesù rivendica: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30), non sta di fatto anche insegnando che lui fa tutt’uno con l’amore e la gloria di Dio?

Ma Gesù va oltre. Non si limita a rivendicare di essere una cosa sola col Padre; anzi, afferma di avere concesso tale privilegio a ciascuno di noi! Sì, sissignore, signor sì. Possiamo essere una cosa sola col Padre per mezzo di Cristo. Sta scritto, fratello, sta scritto. Gesù ha insegnato ai suoi discepoli che ogni persona può diventare una cosa sola con il Padre per mezzo suo. Non ci credi? Dai, ascolta:

“La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me” (Gv 17, 22-23).

San Paolo descrive con chiarezza la sua esperienza diretta dell’amore di Dio e della sua gloria eterna con queste parole:

“Ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 2b.5).

Inoltre, scrivendo agli Efesini, San Paolo prega che tutti giungano a fare una tale luminosissima esperienza:

“Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi” (Ef 1, 17-18 e vedi 1Cr 29, 11-12).

Ogni essere umano ha l’opportunità e il diritto di conoscere, mediante la fede, il tesoro di gloria della sua eredità. Per esplicitare meglio la cosa e fornire un appiglio grafico alla comprensione visiva, desidero concludere la sezione con un’immagine, che raffigura la scomposizione della grazia di Dio nella duplice ricchezza di Cristo, cioè l’amore divino e la gloria divina.

La Divina Misericordia - particolare

L’immagine di Gesù misericordioso contiene due raggi di colore diverso: uno è blu e l’altro è rosso.

Il raggio blu si compone di raggi spirituali che possono essere collegati alla gloria divina, mentre quello rosso contiene raggi che paiono trasportare l’amore divino. Il raggio blu può inoltre essere associato ad elementi quali acqua e olio; viceversa, il raggio rosso può essere facilmente associato anche al sangue e al vino.

Prego a questo punto di notare come lo sdoppiamento dei raggi pare principiare da un’unica sorgente luminosa, dritto nel centro del petto di Gesù, a segnalare che l’amore e la gloria sono una sola cosa in Dio. Questa energia anteriore e unitaria emette raggi bianchi.

Arricchirsi per mezzo di Cristo

Il Signore Gesù Cristo venne sulla Terra e svuotò sé stesso delle sue ricchezze per noi:

“Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname – come si riteneva –, il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi un regno di sacerdoti”[1].

Cristo non tenne l’amore del Padre per sé stesso, né si avvinghiò alla sua gloria. Non accaparrò a sé la grazia di Dio, ma svuotò sé stesso di tutta la sua maestà e splendore a favore del nostro sacerdozio:

“Cristo Gesù, pur essendo nella forma di Dio, non ritenne cosa da accaparrarsi l'essere uguale a Dio, ma svuotò sé stesso assumendo la forma di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2, 6-7).
Il sacerdozio regale

Cristo si è spogliato della sua ricchezza per liberarci. Non ha tratto vantaggio dalla sua natura divina, ma è morto per noi e “fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così [che] anche noi possiamo camminare in una novità di vita” (Rm 6, 4). Ovvero: in quanto sacerdoti regali, sacerdoti in un regno di sacerdoti.

Cristo è morto per donare a ogni persona il diritto e l’opportunità di vivere questa vita da persona ricca – “partecipe della natura divina” (2Pt 1, 4).

Eh sì, ecco un altro fatto della fede cristiana, il terzo fatto, ad essere precise: il Signore venne nel mondo per condividere la sua natura divina con noi. Vediamo ora di considerare sto fatto un poco più nel dettaglio.

Amore e gloria: la verità

L’insegnamento tradizionale ci ha portato ha porre l’enfasi solo su una proprietà della natura divina, cioè l’amore di Dio, il raggio rosso. C’è qualcosa di malato in noi, sin dalla nascita, qualcosa che Gesù ha tolto di mezzo mediante l’amore. Ora, senza minimizzare il ruolo dell’amore di Dio, questo articolo sostiene che è importante anche la gloria di Dio, il raggio blu, che denota qualcosa che ci è stato dato da Gesù, non tolto.

Il dono di Dio in Cristo Gesù è la grazia, e la grazia si compone di amore e gloria, non solo di amore.

Il raggio rosso rappresenta l’amore di Dio, la grazia che ci spinge a lavare le vesti, rendendole “candide nel sangue dell’Agnello” (Ap 7, 14b). All’opposto, il raggio blu raffigura la gloria di Dio, “gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre” (Gv 1, 14b); rappresenta la grazia mediante la quale siamo “una nuova creazione” (2Cor 5, 17a), cioè creature nate dall’alto (Gv 3, 3).  

La gloria di Dio è la forza che ci rende “figli di Dio, i quali, non da sangue né da volere di carne, né dal volere di un maschio, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1, 13).

Il fatto che il Signore è venuto nel mondo per lavare le nostre vesti dai nostri peccati e il fatto che Cristo si è incarnato per renderci prole di Dio potrebbero proprio essere un medesimo fatto. Sì, lo stesso fatto visto sotto angoli visuali differenti – l’angolo blu e quello rosso, per dir così. Lo sostiene pure San Paolo:

“Nel Figlio amato abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia” (Ef 1, 7).

La ricchezza della grazia di Cristo, adesso lo sappiamo, si compone non soltanto di amore, ma di amore e gloria. Non soltanto di sangue, ma di sangue e acqua:

“Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono in una cosa sola” (1Gv 5, 7-8).

Nell’immagine della Divina Misericordia, l’unità dell’acqua, del sangue e dello Spirito nel petto di Gesù viene contrassegnata con il colore bianco. Potremmo pensare all’unità di amore e gloria nel petto di Dio, al bianco, come alla verità di Dio.

La verità è bianca

Attivare il dono del Battesimo

Il Battesimo è un segno della grazia divina che lava l’umanità dai suoi peccati (raggio rosso) e la fa nascere dall’alto (raggio blu). Il Battesimo conferisce le ricchezze di Cristo e rende figli di Dio:

“Il Battesimo non soltanto purifica da tutti i peccati, ma fa pure del neofita una «nuova creatura», un figlio adottivo di Dio che è divenuto «partecipe della natura divina», membro di Cristo e coerede con lui, tempio dello Spirito Santo” (CCC1265). Il sacramento è segno del fatto che “i battezzati sono divenuti «pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo». Per mezzo del Battesimo sono partecipi del sacerdozio di Cristo, della sua missione profetica e regale” (CCC 1268).

Il potere insito nel sacramento ricevuto, tuttavia, è latente. Giace silente, in attesa della nostra decisione libera e consapevole di ingaggiare la battaglia della fede per entrare nel regno di Dio.

Cosa? – un pensiero scomodo balena nella mente del mio lettore, e lo metto giù in forma di domande - Quale decisione libera e consapevole? Non dobbiamo semplicemente ascoltare?

No, caro amico. La risposta è NO, cara amica.

La tua decisione libera e consapevole di prendere parte alla battaglia della fede, il tuo personalissimo sforzo nel rinnegare la tua individualità e aprirti alla grazia, sono indispensabili a che la tua persona venga edificata in un sacerdozio santo.

Un esperimento di pensiero

Supponi di avere un tatuaggio all’avambraccio; diciamo: perché per entrare nei supermercati di tutta la Terra si ha bisogno di quel marchio sulla pelle. Ora immagina anche che per entrare nei supermercati si debba lottare per mantenere il proprio posto in coda: vi sono infatti persone che imbrogliano. Saltano la fila e fanno tutto quello che vogliono una volta che sono dentro. Rubano persino! Bene. Adesso supponi che il tatuaggio all’avambraccio te lo abbiano fatto i tuoi genitori. A te personalmente non frega quasi nulla di andare al supermercato, poiché fai la spesa altrove, oppure perché non pensi che vi sia nulla di decente da comprare visto cosa ti ricordi della spesa che facevano i tuoi genitori. Sostanzialmente, non hai mai avuto l’opportunità di usare il tuo tatuaggio. Questo è ciò che volevo dire quando ti ho detto – Occorre ingaggiare la battaglia della fede per attivare il Battesimo. Prova per credere.

Salire al cielo

Gesù è “seduto alla destra di Dio” (Col 3, 1d), “pieno di grazia e di verità” (Gv 1, 14). Gesù “possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò, può salvare in modo perfetto quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio” (Eb 7, 24-25).

Okay. Va bene. Tutta la ricchezza di Cristo è destinata a ogni persona e questa ha il diritto di accostarsi a Dio mediante Cristo per ereditare concretamente tale ricchezza.  Ma come funziona esattamente la cosa?

Qui entra in gioco la seconda ipotesi di lavoro: per ereditare la ricchezza di Cristo bisogna salire al cielo, occorre ascendere.

Rapimento celeste
Vi sono almeno due modi per salire al cielo a seconda che si aprano le porte a Cristo soltanto col sopraggiungere della morte fisica oppure già in questa vita, ascendendo con la preghiera.

Tralasciando la morte fisica, propongo di concentrare l'attenzione sulla seconda strada per il cielo – la preghiera.

Anzitutto, beh, riguardo alla preghiera, c'è subito da dire che, anche se la morte fisica non è necessaria per ascendere, la salita al cielo chiede di rinnegare sé stessi.

 Dobbiamo imparare a “prendere la nostra croce” (Mt 16, 24) e a “gemere, desiderando di rivestirci con la nostra abitazione celeste” (2Cor 5, 2).

Tale desiderio si sviluppa di pari passo alla nostra personale comprensione del dono di Dio. Il dono di Dio è – vale la pena ripeterlo – la grazia che il Battesimo in Cristo ci ha data.

Conoscere il dono di Dio significa fare esperienza diretta del fatto che la domanda: “O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?” (Rm 6, 3) si riferisce al raggio rosso; mentre la frase: “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3, 27) denota il raggio blu.

Accostarsi a Dio col WI-FI

È tempo di introdurre un altro fatto: il libero accesso a Dio. Già, sta scritto. Le persone di fede cristiana hanno “la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in Gesù Cristo, nostro Signore” (Ef 3, 12). Questo è il nostro quarto e magnifico dato di fatto scritturale:

Il Battesimo ci dota di un collegamento senza fili ad alta fedeltà nel nome di Gesù, o meglio: la fede in Cristo Gesù è il nostro free Wi-Fi.

Ora, se sei tra chi persegue tale opportunità e lotta per il proprio diritto, guarda, prima o poi ti connetterai al cielo. Sarai come rapito al cielo, “se nel corpo o fuori dal corpo, non lo so (2 Cor 12, 3). Devi solo fare pratica di preghiera e diverrai capace di esperire un movimento come di spirale, che ti solleva verso l'alto, dall'interno. È con tale movimento che il Padre ti porta a Gesù, assiso alla destra. Sì, lo dice Gesù che il Padre ci porta al Figlio:

“Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato” (Gv 6, 44).
La fede come Wi-Fi spirituale

La tua connessione è illimitata. Ti sarà dato di percepire questo rapimento durante la messa e l’adorazione eucaristica, ma anche contemplando le meraviglie della natura, facendo rilassamento e – in alcuni casi del tutto eccezionali – persino nello svolgimento delle mansioni quotidiane e della attività ordinarie. Basta solo fare un poco di pratica! Quando farai questa esperienza di connessione, quando vivrai la comunione celeste, in qualche modo saprai di essere tra le persone delle quali si è detto:

“Voi vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell'alleanza nuova” (Eb 12, 22-24a).

A questo punto sarai capace di servire Dio nei cieli, in qualità di sacerdote regale, “giorno e notte, nel suo tempio” (Ap 7, 15b), e potrai proferire le parole di San Pietro e di San Paolo, assaporandone in prima persona la verità:

“Il Padre ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, nel quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati” (Col 1, 13-14).
“Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1Pt 2, 9).

Conclusioni

Questo articolo ha sviluppato i due seguenti dati di fatto della fede cristiana: Cristo era ricco e la sua ricchezza è nostra. Il tema della vera ricchezza è stato poi analizzato alla luce di due ipotesi di lavoro, che hanno permesso di collegare ricchezza e Battesimo. La prima ipotesi sostiene che la ricchezza di Cristo è la grazia di Dio, la quale si compone di amore e gloria; la seconda ipotesi suppone che non sia possibile accedere ai beni divini, cioè ereditare l’amore e la gloria di Dio, senza ascendere al cielo.

Articolando dati di fatto ed ipotesi è stato poi messo in primo piano un ulteriore fatto della fede cristiana: tutte le persone battezzate sono tanto fortunate da avere libero accesso a Dio.

La fede in Cristo può, in effetti, essere paragonata a un free Wi-Fi – un Wi-Fi spirituale gratuito, che garantisce una connessione illimitata al Regno nel nome del Signore.  

NOTE

[1] Giovanni Paolo II, Omelia per l’inizio del pontificato, 22 ottobre 1978

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Benedetto XVI (2012), Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e la preghiera, Udienza generale, 1° agosto, disponibile all’indirizzo https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2012/documents/hf_ben-xvi_aud_20120801.html

CCC, Catechismo della Chiesa Cattolica, Papa Giovanni Paolo II (1992, 1997), e Papa Francesco (2018), disponibile all’indirizzo https://www.vatican.va/archive/catechism_it/index_it.htm

Giovanni Paolo II (1978), Omelia per l’inizio del pontificato, 22 ottobre, AAS 70 [1978], 945-947, disponibile all’indirizzo at https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/en/homilies/1978/documents/hf_jp-ii_hom_19781022_inizio-pontificato.html

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